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La situazione al confine tra Italia e Francia: effetti della pandemia e tendenze consolidate

22 Febbraio 2021

L’anno 2020 si è confermato un periodo storico complesso per la vita delle persone in transito al confine italo-francese. Se le illegittimità al confine in tema di respingimenti rimangono sostanzialmente immutate, il Covid19 ha avuto un impatto violento sulle condizioni di accoglienza delle persone che hanno fatto convergere il loro percorso di migrazione in queste aree di frontiera.

Con il presente articolo si intende proporre una breve descrizione della situazione al confine italo francese fornendo informazioni di contesto utili a sviluppare successivi approfondimenti specifici di carattere giuridico. Sebbene infatti i riflettori mediatici siano di recente prevalentemente rivolti ad altre frontiere interne italiane, il confine italo-francese si conferma un luogo di gravi criticità umanitarie e di rilevanti violazioni sia di diritti umani che di disposizioni normative unionali. L’analisi giuridica di quanto accade al confine non può prescindere dalla considerazione che sin dal 14 dicembre del 2015, a seguito di notifica effettuata alla Commissione Europea, la Francia ha ripristinato i controlli alle proprie frontiere interne trattando in concreto il confine italiano come fosse un confine esterno dell’Unione. Nel corso del 2020 si è assistito, da un lato al consolidamento di prassi illegittime al confine, dall’altro ad interessanti cambiamenti dal punto di vista delle tipologie di soggetti coinvolti (con una presenza importante di nuclei familiari e minori) e delle rotte interessate (progressivo incremento di transitanti provenienti dalla rotta balcanica). Altro aspetto di interesse riguarda gli effetti che la pandemia ha determinato sulle dinamiche di accoglienza e sulla portata dei flussi: da un lato infatti entrambe le zone di transito (Ventimiglia e Oulx) si sono improvvisamente trovate – totalmente o parzialmente – sprovviste di strutture ricettive, dall’altro i flussi hanno subito un rallentamento nei primi mesi dell’anno ritornando però a livelli precedenti dopo la primavera.

Frontiera sud: Ventimiglia e Alpi Marittime

Photo credits: Foto di Erich Westendarp da Pixabay

Sebbene rispetto ad anni precedenti il numero stimato di migranti in transito sia in calo, le associazioni coinvolte continuano a fornire assistenza materiale ad un numero medio di 250 persone al giorno nei pressi di Ventimiglia. L’emergenza pandemica ha giocato un ruolo fortemente impattante sul sistema di accoglienza della città: il 31 luglio infatti il Campo Roja, gestito dalla Croce Rossa Italiana è stato chiuso, dopo un precedente periodo di quarantena determinato dal manifestarsi di due casi di ospiti positivi al Covid19 che aveva portato poi ad un mantenimento in attività del campo solo per le persone già accolte con impossibilità di nuovi ingressi. Il venir meno della struttura che costituiva l’unico luogo formale di riferimento per le persone in transito ha creato un vuoto istituzionale estremamente significativo e ha portato al proliferare di situazioni di accoglienza informali e all’occupazione di spazi pubblici per affrontare le recenti gelide notti invernali. E’ molto intensa – ma evidentemente infruttuosa –  la dialettica istituzionale tra Prefettura e Comune di Ventimiglia alla ricerca di un compromesso per identificare un nuovo centro di accoglienza. Le uniche strutture di accoglienza presenti sono fornite dalle Caritas locali che tuttavia sono in grado di garantire un numero limitato di posti per nuclei monoparentali e minori.  La distribuzione dei pasti, i servizi di assistenza medica e di consulenza legale sono garantiti da attivisti e associazioni che, tuttavia, in molti casi, riescono a coprire solo i bisogni essenziali.

Il permanere dei controlli alle frontiere interne oltre all’assenza di strutture ricettive ha modificato i percorsi di avvicinamento al confine. Sembrerebbero in aumento i casi di persone provenienti dalla rotta balcanica o da quella adriatica che vengono accompagnati solo fino ad un certo punto del percorso, spesso nella zona di Savona a circa due ore dalla frontiera, ed invitate a proseguire a piedi seguendo i binari. In questo contesto lo scorso 23 dicembre due giovani transitanti di etnia curda sono stati investiti da un treno in corsa nei pressi di Quiliano. 

Le prassi di respingimento alla frontiera si confermano nella loro sistematicità e ripetitività. Le autorità di frontiera effettuano controlli di frontiera che si verificano a bordo dei treni, nei pressi dei confini stradali ed autostradali e anche lungo i sentieri montuosi che caratterizzano la regione. Dallo scorso 14 dicembre hanno iniziato ad operare pattuglie miste italo-francesi con il compito di pattugliare le frontiere lungo il confine di Ventimiglia secondo quanto previsto da accordi bilaterali di cooperazione di polizia che hanno come base giuridica gli accordi di Chambery del 1997. Le persone fermate alla frontiera o sul treno vengono condotte alla stazione di San Luigi, foto-segnalate e viene consegnato loro un “rifiuto di ingresso” (refus d’entrée). Le persone soggette a procedura di respingimento rimangono spesso trattenute all’interno di un container adiacente al posto di polizia di frontiera francese anche per parecchie ore, in alcuni casi senza ricevere cibo o acqua e senza che venga garantito il contatto con avvocati. La procedura di respingimento risulta ultimata con la consegna degli interessati alle autorità di polizia italiane che li invitano a procedere a piedi fino alla città di Ventimiglia. Qualora invece l’intercettamento avviene nelle aree di confine come definite dall’accordo bilaterale di riammissione i cittadini stranieri vengono semplicemente riammessi senza la produzione di alcun provvedimento. Le organizzazioni locali continuano a raccogliere testimonianze di violenze da parte della polizia francese e segnalazioni riguardo la registrazione dei minori stranieri non accompagnati come maggiorenni. 

Frontiera Nord: Oulx e Monginevro

Photo credits: foto di Dave Hoefler da Upsplash

Un’altra rotta utilizzata dai migranti che intendono attraversare il confine con la Francia si sviluppa lungo la Val di Susa con un duplice sbocco: da una parte Bardonecchia e il passo del Frejus, dall’altro Oulx, Claviere con l’attraversamento del Monginevro fino a Briancon. Nel corso dell’ultimo anno la rotta utilizzata è stata quasi esclusivamente quella che conduce al passo del Monginevro. 

Secondo quanto stimato da Medici per i diritti umani, ad Oulx sarebbero transitate tra settembre a dicembre oltre 4700 persone, nella maggior parte dei casi provenienti dall’Afghanistan (44%), dall’Iran (23%), dall’Algeria (8%). E’ soprattutto dalle informazioni raccolte da chi opera in quest’area geografica che si evince una percentuale altissima di transitanti provenienti dalla rotta balcanica. Chi decide di attraversare questo tratto di frontiera normalmente si spinge con i mezzi pubblici fino ad Oulx prima di prendere un autobus che conduce a Claviere e di proseguire a piedi per l’attraversamento del confine. La polizia francese controlla con metodi spesso violenti le vie di accesso più battute spingendo conseguentemente i migranti ad aprire percorsi nuovi sempre più pericolose soprattutto nel periodo invernale. Le persone in transito intercettate vengono consegnate alla polizia italiana a Claviere che le conduce ad Oulx dove ricevono un orientamento legale sulla normativa ed il sistema di accoglienza italiano. Coloro che invece riescono ad eludere i controlli di frontiera trovano accoglienza nel “Refuge Solidaire” di Briancon. 

Anche dal punto di vista delle possibilità di accoglienza, la frontiera nord risulta ugualmente molto carente. Nel mese di febbraio le stanze predisposte alla stazione di Bardonecchia che costituivano l’unica forma di accoglienza governativa sono state rese inaccessibili a causa dell’epidemia di covid19. Rimangono quindi accessibili due strutture: la prima situata ad Oulx di fronte alla stazione e gestita dalla “Fraternità Massi – Talità Kum” in convenzione con il Comune di Oulx e la seconda che consiste in una ex casa cantonale gestita da un gruppo di attivisti (Chez JesOulx). E’ proprio questa seconda struttura ad ospitare la maggior parte dei migranti che si trattengono in attesa delle condizioni più favorevoli all’attraversamento. 

Il quadro delineato evidenzia una serie di violazioni di natura diversa. ASGI che svolge un ruolo di monitoraggio sulla frontiera dal 2015 ha già sviluppato approfondimenti giuridici tra i quali il report sui profili di illegittimità delle riammissioni a Ventimiglia del 2015, il report di monitoraggio dei confini italiani del 2019, il parere giuridico sull’applicazione degli accordi di cooperazione di polizia, azioni di advocacy quali le due lettere (qui e qui) indirizzate alla Prefettura di Imperia prima della chiusura del campo Roja oltre a diversi accessi civici generalizzati.

L’approfondimento giuridico proseguirà nei prossimi mesi con focus specifici.

Per ulteriori approfondimenti:

  • “Dangerous crossings at the northern borders of Italy” di Medici senza Frontiere 
  • “Rapporto sulla situazione umanitaria dei migranti in transito lungo la frontiera nord-ovest tra Italia e Francia” di Medici per i Diritti Umani  
  • OPINION ON THE SITUATION OF MIGRANTS AT THE FRANCO-ITALIAN BORDER o altri rapporti Anafe
  • Refugee Rights Europe report “In dangerous transit” e  “Pushbacks and rights violation at Europe’s border”. 

Tags: accoglienza, frontiere, oulx, respingimenti, ventimiglia

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Medea è un’azione dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI*) basata sulla ricerca sul campo, il contenzioso strategico e l’advocacy volta a difendere i diritti dei cittadini stranieri in arrivo in Italia attraverso le frontiere interne e la rotta balcanica.

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